Ogni individuo sviluppa nel corso della propria esistenza modalità e strategie funzionali a vivere nel proprio contesto, dare un senso all’esperienza e mantenere vive e vitali le relazioni affettive con chi si prende cura di lui.
La relazione profonda e continua con le personalità dei genitori, all’interno di un contesto psicologico e culturale dato ,permette di consolidare la soggettualità emergente del bimbo in un’idea di sé con l’altro, una propria identità.
Attraverso la propria identità il bambino prima, l’adulto poi, darà un senso alla propria esperienza e agli altri, attraverso di essa, in buona parte in modo inconsapevole, si affaccerà al mondo con richieste e aspettative. Quando le prospettive possibili circa sé e circa la propria esperienza con gli altri, condizionate dagli impliciti del passato, diventano rigide e stereotipate, inefficaci a vivere con pienezza e piacere l’esistenza, compaiono chiari segni di malessere psicologico come ad esempio ansia, angoscia, senso di vuoto e perdita del piacere, insoddisfazione relazionale e professionale
L’inconscio in questo senso non è un contenitore buio dove nascondere gli elementi “pericolosi” dell’esperienza, ma una modalità relazionale, è una spinta inconsapevole a cercare nella vita ciò che confermi la nostra prospettiva identitaria ,per quanto disfunzionale e patologica, tagliando fuori tutto il resto.
La cura passa necessariamente attraverso l’esplorazione emotiva di sé e attraverso l’esperienza fondante della relazione terapeutica. L’ emergere all’interno di questo campo degli impliciti psicologici che condizionano l’esperienza, viverli all’interno della relazione terapeutica, permette il destarsi delle risorse interiori del paziente e il rimettersi in moto del percorso autorealizzativo.